mercoledì 11 aprile 2018

Stan Lee, il ladro di idee


Nota: ciò che state per leggere è stato scritto diversi mesi PRIMA delle morte di Stan Lee, ma il contenuto resta comunque validissimo.


Stan Lee ultimamente non se la passa bene. Tra il manager che gli ruba i soldi, l'infermiera che gli ruba i soldi, la figlia che gli vuole rubare i soldi, l'ex-socio che gli ruba il sangue per firmare albi a fumetti a suo nome e fare soldi, l'ormai 96enne Stan, nonostante la solidarietà di colleghi e fan, sembra non riuscire a godersi la giusta pace della vecchiaia. Potrei sembrare un tantino drastico, ma a tutti i suoi colleghi, sostenitori, groupie, Marvel Zombies, o chi per loro, è mai balenato per la testa che forse, un pochino, sotto sotto, con tutte le mani avanti del caso, se lo meriti? 

Tu in questo momento

Se infatti il karma esiste, e tutte le recenti sventure del sorridente hanno a che fare, guarda caso, con il furto, forse il vecchio Stan è stato chiamato a rispondere dei crimini commessi in gioventù da un non meglio precisato ordine cosmico, che come sappiamo lavora in base alla legge del taglione, o ancor meglio della fisica: "ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria". Ma di quali crimini si sarebbe macchiato quell'innocuo e simpatico vecchietto che compare in ogni dannatissimo film che porti il logo "Marvel"? Per l'appunto, di furto. Ma andiamo con ordine.

Un giovanissimo Stan Lee
   
Stan Lee, nome d'arte di Stanley Martin Lieber, è figlio di due immigrati ebrei di origine rumena. Entra nell'industria del fumetto giovanissimo, a soli 17 anni, venendo assunto dall'editor Martin Goodman, marito di una sua cugina, presso la casa editrice di quest'ultimo, la Timely Comics, futura Marvel Comics (e già qui si potrebbe parlare di una carriera nata dal nepotismo, ma sorvoliamo. Anche perché pare che Goodman fosse particolarmente esigente nei suoi confronti). Stan scrive per lo più storie riempitive pubblicate come appendici su testate ben note come il Capitan America di Joe Simon e Jack Kirby, o Motion Picture Funnies Weekly, che ospitava il Namor di Bill Everett. È quindi in questo periodo che conosce quelli che diverranno i suoi "collaboratori" nella creazione dell'Universo Marvel. Fino alla fine degli anni '40 il lavoro per Stan Lee va abbastanza bene, sebbene Jack Kirby non manchi di etichettarlo come un coglione incapace (true story); è però con gli anni '50 e la crisi del settore causata da quella faccia di chiurlo di Fredric Wertham che il giovane Lee avrà paradossalmente modo di mettersi in luce. 

Fredric "Faccia di chiurlo"  Wertham 

Essendo state maniacalmente regolamentate le testate dei supereroi e i fumetti horror la Timely Comics, che aveva per breve tempo cambiato il nome in Atlas ed infine in Marvel Comics, si butta a capofitto sulle storie d'avventura e fantascienza, che all'epoca tiravano veramente molto grazie ad autori del calibro di Ray Bradbury e Isaac Asimov. Molti fumettisti hanno abbandonato il mestiere per dedicarsi ad altro, ma non Stan Lee, Jack Kirby e Steve Ditko (i più incapaci, insomma) dando vita ad un prolifico sodalizio i cui risultati vedremo più avanti. Le storie di quel periodo erano brutte, ma brutte veramente, e tutte uguali. In genere si parlava di un mostro gigantesco alieno/mitologico/creato da uno scienziato disegnato molto male da Ditko o da Kirby (ci sarà un motivo per cui è stato cacciato da tutte le scuole d'arte che ha frequentato) che aveva come unici obiettivi la distruzione/conquista del pianeta. All'epoca Stan Lee curava ancora di suo pugno le sceneggiature, non delegando quasi nulla al disegnatore, e infatti le storie, come detto, erano brutte, ridondanti, indicibilmente noiose e con testi da rabbrividire.  

Se volete leggerlo a vostro rischio, cliccate qui.
Prego notare quel "il magazine che rispetta la tua
intelligenza". Certo, se hai un anno.

E mentre quei tre incapaci si dilettavano in pupazzoni che sfrantecavano robe, alla DC Comics, dove invece lavorava gente seria e capace come Julius Schwartz e Carmine Infantino, si progettava il ritorno in pompa magna dei supereroi, che con Martian Manhunter prima e Flash (Barry Allen) poi avrebbe ridato a milioni di ragazzini dei paladini in cui credere. All'inizio sia Martin Goodman (si, c'era ancora) che Stan Lee liquidarono la cosa come fallimentare, poi con il successo della Justice League of America Goodman cambiò idea e, inebriato dalle possibilità di guadagno, disse a Stan Lee di perseguire la strada che avrebbe segnato per sempre la Marvel e Lee stesso: copiare. È l'inizio della fine. Nel 1961 nascono dalle menti poco brillanti di Stan Lee e Jack Kirby i Fantastici 4, e con loro l'Universo Marvel.

A sinistra, la prima apparizione della JLA (1960) a destra quella dei
Fantastici 4 (1961). Trova le differenze

Lee e Kirby copiano dalla JLA tutto il copiabile: l'idea di supergruppo, la copertina, il ritorno dei supereroi, ma in più Lee ha la brillante idea di aggiungere un elemento che caratterizzerà tutte le produzioni Marvel a seguire: i litigi a cazzo di cane le sfaccettature caratteriali, oltre a gettare le basi per i supereroi con superproblemi. Partiamo quindi con le critiche vere e proprie, che finora abbiamo scherzato. Qualunque lettore con un minimo si senso critico rileggendo le vecchie storie dei supereroi Marvel si renderà conto di una cosa: le incredibili e allucinanti forzature caratteriali dei personaggi. Provate a leggere le prime storie degli Avengers senza irritarvi mortalmente ogni volta che qualcuno si metterà a litigare PER NESSUN MOTIVO con un  proprio compagno di squadra. Non sono sfaccettature caratteriali, perché le sfaccettature servono a differenziare un personaggio dall'altro, ma se tu confronti i vecchi Capitan America, Iron Man e Namor scoprirai che sono lo stesso identico personaggio con una skin diversa, così come Spider-Man, la Torcia Umana e Rick Jones, o Magneto, il Dottor Destino e l'Uomo Talpa. Delle gimmick. Per non parlare poi di quei monologhi lunghissimi, pomposi e stereotipati rubati dai peggiori romanzi pulp e d'appendice.

GUARDATE QUANTO CRISTO PARLANO!

Chiarita l'incapacità del buon Stan, della quale lui stesso era a conoscenza, veniamo quindi alla domanda che tutti voi vi starete facendo: ma se Stan era un incapace, da dove sono uscite quelle (poche) idee buone della Marvel anni '60? A questa domanda abbiamo già dato una parziale risposta citando la DC Comics e le vecchie riviste pulp, ma c'era un'altra fonte a cui la sorridente sanguisuga attingeva a piene mani: i suoi collaboratori. Jack Kirby e Steve Ditko, sebbene fossero anche loro tecnicamente mediocri, ebbero alcune idee decenti che agli occhi dei nostalgici appaiono come geniali, rivoluzionarie e seminali (assolutamente no) e delle quali Stan si prese il merito sfanculandoli amabilmente. "Com'è possibile?" direte voi. Con la magia del Metodo Marvel! "E che è?" direte sempre voi. Il Metodo Marvel è una tecnica produttiva coniata da Stan Lee e soci per consentire la realizzazione di numerose testate contemporaneamente nonostante ci fossero 5 persone a lavorarci in tutta la redazione. Il principio era più o meno questo: Stan Lee, lo sceneggiatore, scriveva un incipit di un rigo del tipo: "l'Uomo-Ragno affronta l'androide Picchieppocchie e alla fine vince/perde"; il disegnatore di turno prendeva quell'incipit e lo diluiva per 20 pagine con didascalie e balloon vuoti che Lee, una volta tornato dalla pausa caffè di un paio di settimane, avrebbe riempito con dialoghi assolutamente privi di uno scopo, limitandosi a descrivere quello che succedeva nelle vignette. Bello lavorare così, eh? Peccato che nello stesso periodo se facevi una cosa del genere in Europa o in Giappone ti sputavano in faccia, com'è giusto che sia. Quindi, quello che di buono c'era negli albi Marvel dell'epoca è merito al 98% del disegnatore, che di fatto era il vero sceneggiatore, mentre Lee era, se vogliamo, un soggettista/dialoghista.

Quest'uomo... questo ladro!

Uno a questo punto potrebbe dire che alla fine i disegnatori fossero al corrente della cosa e lo accettassero, quindi è inutile lamentarsene. Si, certo... se non fosse che ad un certo punto gli stessi colleghi di Lee dovessero non solo sopportare una mole di lavoro criminale con la scusa della produzione velocizzata, ma anche l'ingiustificata arroganza del loro onnipresente partner, che in barba a tutti si attribuiva ogni merito possibile alle conferenze e negli editoriali, salvo poi scaricare sui disegnatori le critiche dei lettori scontenti, i quali non potevano neanche protestare perché, essendo Lee l'unico sceneggiatore, non poteva essere licenziato, mentre loro, essendo pochi ma comunque di più, si. Un esempio dell'incredibile faccia da Q-lo di Stan Lee vede protagonista Silver Surfer, uno dei miei eroi preferiti. Dovete sapere che la saga della prima, storica venuta di Galactus sulla Terra (che potete leggere qui) non prevedeva in alcun modo il personaggio di Silver Surfer, almeno nei piani di Lee; fu infatti Jack Kirby a creare l'araldo del Divoratore di mondi, in quanto credeva che un essere così potente, praticamente divino, ne avesse bisogno. E aveva ragione, dato che il personaggio aveva una forte carica drammatica che a Lee -  in quanto scrittore da quattro soldi amante di Shakespeare - piaceva molto. Si appropriò quindi del personaggio, gli diede una testata tutta sua e - cosa che fece incazzare molto Kirby - affidò i disegni della suddetta a John Buscema, molto più bravo dello stesso Kirby. Sebbene quel ciclo di storie fosse una noia mortale, con Silver Surfer che non faceva altro che piangersi addosso tra una vignetta e l'altra, i disegni di Buscema sono tutt'ora bellissimi e valgono da soli la lettura. Il vecchio Stan non era solo un ladro, era anche furbo come una volpe.
    
Lodate Buscema e recuperate (cliccando qui) il suo Silver Surfer

Nelle interviste rilasciate dopo il suo abbandono alla Marvel e l'approdo in DC, Kirby insisteva nell'affermare che tale abbandono non fosse da attribuire a Stan Lee, bensì a degli screzi di natura economica avuti con Martin Goodman, il capoccia della Marvel. Sarà vero, direte voi; stocane, dico io. Il motivo per cui secondo me Kirby ha voluto minimizzare il suo palese odio per Lee risiede nel suo volergli fare più male possibile con la creazione del personaggio di Funky Flashman. Probabilmente, se siete dei fan Marvel duri e puri che buuu che schifo la di sì, non avrete la minima idea di chi sia Funky Flashman. Trattasi di uno dei primi lavori di Kirby per la DC Comics, una striscia umoristica che vedeva questo viscido truffatore (Funky Flashman, appunto) abbindolare con la sua logorroica parlantina e i suoi sorrisi a cinquemila denti degli sfortunati con un qualche talento (a volte anche superumani) per sfruttarli a fini lucrativi. Ad accompagnarlo in queste sue mirabolanti imprese vi era l'assistente Houseroy, un biondino occhialuto dall'aria poco sveglia. Il fatto che questi due personaggi fossero modellati sulle fattezze di Stan Lee e del suo pupillo Roy Thomas penso sia di per sé abbastanza esplicativo.

Sarà sicuramente una coincidenza...

Ormai il fanboy medio si starà sicuramente strappando i capelli additando scuse su scuse per giustificare il sorridente Stan nonostante le inconfutabili prove di cui sopra. Di sicuro la più gettonata sarà questa: "Ma Stan Lee era, come hai detto tu, l'unico sceneggiatore. È normale che delegasse qualche testata ai disegnatori per concentrarsi sulla scrittura delle più importanti, tipo Spider-Man!". E qui avete scoperto il fianco così tanto che riesco a vedere le nude ossa. Partiamo dal presupposto che il Metodo Marvel era utilizzato su TUTTE le testate, non solo per quelle minori; detto questo, è arrivato il momento di far parlare un altro protagonista della genesi Marvel: Steve Ditko, creatore del Doctor Strange e di Spider-Man. Ditko era anche lui un disegnatore mediocre, ma rispetto a Kirby che un po' ci sapeva fare, lui faceva proprio schifo. Aveva però una particolarità: era seguace della filosofia di Ayn Rand. Ciò gli permise di dare molta più introspezione al personaggio di Peter Parker (rendendolo al contempo un dito in Q-lo allucinante), che nei primi numeri era un eroe solitario, chiuso in sé stesso e presuntuoso ai limiti del sopportabile, proprio come Ditko. Il problema è che Spider-Man, contro ogni aspettativa, fu un successo straordinario fin dalla sua prima apparizione, portando Lee ad appropriarsi nuovamente di una creatura non sua (ne aveva solo ideato il nome), pisciando fuori dal vaso più che con Kirby definendosi l'unico e vero creatore del personaggio. Ditko, non essendo uno che le mandava a dire, cominciò una guerra fredda sulla testata del ragno, rifiutandosi di disegnare le cover, di parlare con Lee o anche solo di leggerne gli incipit striminziti, facendo di testa sua fino alla completa rottura con Stan e la casa editrice. Il bello è che per quarant'anni Ditko non venne accreditato neanche come co-creatore del personaggio (situazione analoga a quella di Bill Finger, co-creatore di Batman).

Sarà stato pure un disegnatore pezzente, però
diamine, è pur sempre il creatore di Spider-Man!

Spostiamoci leggermente in avanti nel tempo, negli anni '70, quando lo sceneggiatore della testata The Amazing Spider-Man non era già più Lee, ma un diciannovenne di nome Gerry Conway. Mentre Conway proponeva storie molto interessanti sul Ragno, dando i natali a personaggi come il Punisher, Lee andava in giro per conferenze facendo sostanzialmente quello che fa ora, ma più attivamente. Solo che il suo ruolo era un po' più importante, essendo lui l'editor principale di tutte le testate, in particolar modo quella di Spider-Man. Il problema è che Stan, forte della sua arroganza, voleva diventare uno scrittore vero. Voleva scrivere romanzi, sceneggiature per il cinema, roba seria, e nel provare in maniera fallimentare ad intraprendere questa strada trascurò terribilmente il suo ruolo di supervisore, oberando di lavoro i poveri Roy Thomas e John Romita Sr.. Quando poi successe un casino allucinante con l'albo della morte di Gwen Stacy, fatto di minacce di morte a Conway (voi state male) e più in generale di lettori in rivolta, Lee decise beatamente di lavarsene le mani, dando tutta la colpa a Conway (le vecchie abitudini sono dure a morire...) nonostante lui stesso avesse approvato la storia senza fregarsene minimamente. Il bello è che la decisione di far morire Gwen non fu presa da Conway, bensì dagli editor, tra cui lo stesso Stan Lee, che ancora una volta si rivelò per quello che era realmente, un ladro arrogante e maestro dello scaricabarile.

"Sento che Stan Lee sta per farne un'altra delle sue!"
disse Spidey
                                                
So che molti di voi non ci arriveranno neanche a leggere queste ultime righe, ma tant'è; volevo giusto dirvi che questo breve... saggio? Chiamiamolo così... non vuole sminuire l'importanza dell'uomo immagine Stan Lee, ma dello scrittore Stan Lee, da tutti lodato neanche fosse il padre eterno, ma che in realtà era un uomo piccolo e uno scrittore ancor più piccolo, che ha vissuto sulle spalle di autori suoi contemporanei molto più bravi di lui e deve la sua fama al fatto di essere un arrampicatore sociale di ultima fascia. Pensate che Jack Kirby, Steve Ditko, Roy Thomas, Gerry Conway, John Romita Sr. non godono neanche di metà della fama di chi li ha sfruttati presso il grande pubblico, nonostante siano stati loro i reali fautori del successo di Lee e della Marvel. A loro voglio rendere giustizia, i particolare a John Victor Romita, il quale alla veneranda età di 88 anni dimostra di non aver mai smesso di migliorarsi, a differenza di Stan Lee che non ci ha neanche mai provato.



Fonti: 
(cliccando sui titoli troverete anche i link Amazon per acquistare i vari libri a prezzo scontato)

* Marvel Comis - Una storia di eroi e supereroi di Sean Howe
* Silver Surfer Classic n.1 (Play Press) - Introduzione
 





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