giovedì 18 ottobre 2018

Il problema di Tex


Oggi vorrei parlarvi di un problema patologico che assilla gran parte dei personaggi popolari del fumetto di una certa età, consolidatisi nel corso della loro storia come delle vere e proprie icone. Ho scelto Tex (e non Superman, Batman, o Asterix) perché è quello che secondo me soffre di più questa patologia ed è più vicino a quello che è il mio contesto culturale (è un fumetto italiano, e io sono italiano). Nessuna delle parole che andrete a leggere è stata scritta con l'intenzione di offendere i membri dello staff della testata o di Sergio Bonelli Editore, i quali godono del mio assoluto rispetto, come si evince da diversi post sulla mia pagina Facebook.

Parliamo quindi della storia che ha scatenato la riflessione che a sua volta ha dato vita a questo post. Si tratta di Deserto mohave, raccolta nel Maxi Tex di ottobre 2018 (la cui copertina fa da immagine del post) scritta da Gianfranco Manfredi e disegnata da Alessandro Nespolino. La storia in sé mi è piaciuta. Meno rispetto all'altra (più breve) contenuta nello stesso volume, L'ultimo giorno, di Tito Faraci e Yannis Ginostatis, ma comunque di pregevole fattura.

L'incipit è il seguente: Tex e Kit sono sulle tracce di un gruppo di malviventi spietatissimi - tanto da venire appellati come "Mostri" - stanziatisi all'interno di una vecchia miniera, i quali fanno il bello e il cattivo tempo con la tribù di indiani mohave lì vicino. Fin qui tutto ok. Niente di originale, ma comunque intrigante. Mettiamolo momentaneamente da parte e concentriamoci su una caratteristica essenziale del personaggio di Tex: lui non perde mai. Ma, attenzione, non è questo il suo problema. Non mi dà fastidio il fatto che Tex abbia la "sindrome di Superman" (anche se vederlo perdere ogni tanto non mi dispiacerebbe) bensì l'impatto che questa caratteristica ha sulla sceneggiatura di ogni sua storia.

Persino nell'introduzione al volume è palesata questa caratteristica, venendo giustificata grosso modo così: nonostante l'imbattibilità di Tex, gli sceneggiatori esperti sapranno sempre tessere per lui e per i lettori trame solide ed intriganti. Su questo potrei pure trovarmi d'accordo, se non fosse che per questa esigenza editoriale di puro fanservice - perché di questo si tratta - siano gli autori a doversi piegare alla sceneggiatura, non il contrario.

Se infatti partiamo dal presupposto che Tex uscirà comunque vittorioso, a noi lettori occorre una scusa per tornare a leggere di volta in volta la stessa storia all'infinito. Questa scusa è, paradossalmente, la tensione procurata dal vedere Tex arrancare per l'ennesima volta, pur sapendo che nulla di male potrà accadergli. E' una delle basi della scrittura: l'eroe che, dopo aver superato prove apparentemente insormontabili, alla fine trionfa sempre.

Ancora, non è questo il problema, perché altrimenti il 99% della narrativa seriale andrebbe buttata in un cassonetto. Il lettore sta al gioco, lasciandosi stupire dalle trovate elaborate dallo scrittore, stingendo quindi un patto implicito, ma tremendamente vincolante, con quest'ultimo. Non è cosa succederà ad intrigare, ma come succederà. Sempre facendo riferimento all'introduzione del volume, ci viene detto testualmente che "Tex è come Superman, solo che lui la Kryptonite potrebbe anche mangiarsela a colazione".

Nulla di più vero, ma è proprio qui che nasce il problema: se Superman è un personaggio tremendamente iperbolico e inverosimile - contro il quale puoi inventare ogni sorta di stratagemma per metterlo in difficoltà - Tex è invece un personaggio verosimile e credibile (nonostante quella camicia ridicola).

Con Superman puoi dire che la Kryptonite può provocare gravi danni, specificando al contempo che necessita di un'esposizione prolungata per provocare la morte. Questo perché parliamo di un materiale inesistente, ed è lo sceneggiatore che detta le regole del suo funzionamento, rendendolo un oggetto pericoloso seppur non necessariamente mortale (elemento di tensione + escamotage per giustificare la vittoria dell'eroe senza forzature di scrittura).

Con Tex non lo puoi fare, in quanto hai in mano un essere umano. Se gli spari bene, muore. Se cade da un'altura, si rompe le gambe. Se il cavallo lo disarciona, fa la fine di Christopher Reeve (per rimanere in tema Superman). E allora cosa può fare il povero sceneggiatore, non più padrone del destino del personaggio? Innanzitutto, lo dota di tutta una serie di abilità umane, ma potenziate rispetto a tutti gli altri personaggi (nessuno cavalca/spara/corre/picchia/tromba meglio di Tex).

Però non basta; se lui è il migliore significa che, a parità di mezzi, è impossibile che qualcuno riesca a metterlo in difficoltà. Ed è qui che lo sceneggiatore rompe il patto narrativo, introducendo prima un elemento casuale negativo (sfortuna) per creare la sopracitata tensione, per poi essere costretto a trovarne un altro, ma positivo (fortuna) per tirare fuori dai guai quel personaggio che, nonostante sia straordinario, in quel momento si vede nullificare tutte le sue abilità (elemento di tensione + forzatura).

In Deserto mohave Tex viene catturato dal cattivo di turno per due motivi: il suo pard perde i sensi impattando contro una parete a causa di un'esplosione di dinamite. Tutto nella norma, senonché una degli ostaggi che stava tentando di salvare cade in acqua per nessun motivo apparente rischiando di annegare, venendo quindi salvata da Tex che avrebbe potuto nascondersi con loro per riorganizzarsi (forzatura negativa/sfortuna). Successivamente, sia lui che Kit vengono imprigionati dal cattivo, che rivela di non volergli fare del male perché mosso in realtà dal desiderio di voler fare giustizia, quindi gli innocenti non si toccano.

Il problema è che la banda del cattivo poche pagine prima aveva sterminato il gruppo di nativi mohave facenti parte della spedizione di Tex con dei candelotti di dinamite. E vi ricordo che questi facevano il bello e il cattivo tempo con tutti gli altri membri della tribù che con loro non c'entravano niente. In più, si scopre che uno dei nativi membri della spedizione - l'unico non imbecille - è sopravvissuto, riuscendo quindi a liberare Willer e Carson, grazie soprattutto al fatto che il cattivo aveva volontariamente lasciato le chiavi della loro cella appese ad una parete lì vicino (!?)

Ve lo devo pure dire che tutte queste sono forzature atte esclusivamente a creare una tensione incoerente che porterà inevitabilmente al trionfo di Tex? Il bello è che lo sceneggiatore e gli stessi personaggi ne sono perfettamente consapevoli. Durante la scena della liberazione dalla cella, i due pards hanno questo scambio di battute:

Kit: Gran putifarre! Sapevi che il ragazzo ci sarebbe venuto in soccorso?
- Tex: No, vecchio mio... ma un po' ci speravo. Non gli avrei affidato i nostri cavalli, se non mi fossi fidato di lui.

Fosse stato un albo di Deadpool avrei pure riso, ma pensandoci bene mi è salita un'amarezza tremenda. Se anche uno volesse giustificare la presenza del ragazzo, in verità pure passabile, come si giustifica l'attacco di demenza di un cattivo che, fino a quel momento, era stato cinico, spietato e, cosa più importante, molto intelligente?

E questo è solo un esempio. Nel numero 695 della serie regolare, L'ultima vendetta, albo celebrativo dei 70 anni del personaggio scritto dal curatore testata, Mauro Boselli (l'unico sceneggiatore in grado di farmi digerire Zagor), Tex è costretto ad infiltrarsi in una casupola piena di gente che vuole farlo fuori. La scena è molto epica: Tex riesce a sbaragliare da solo quello che, a conti fatti, è un piccolo esercito; ma 98 pagine sono tante, ed ecco che quindi l'edificio gli cade addosso, seppellendolo (forzatura negativa) e facendolo però solo svenire (forzatura negativa perché immobilizza l'eroe, ma anche positiva perché non lo uccide) alla mercé dei suoi aguzzini che... non lo uccidono! (forzatura positiva) 

Ciò va anche a svalutare quelle che sono le potenzialità del personaggio. Non sarebbe molto più interessante se Tex ne uscisse fuori con le sue sole forze, rivelandosi al contempo migliore di un cattivo non macchietta, ma altrettanto capace, interessante e magari ricorrente quanto lui, tanto da metterlo costantemente in difficoltà?

Io sono sicuro che moltissima gente sia pronta a difendere a spada tratta questo stile di scrittura. Magari asserendo che Tex è talmente figo e invincibile che l'unica cosa che può fermarlo è proprio il caso, cosa che ne attesterebbe ulteriormente la potenza rispetto ad altri eroi più blasonati ma comunque vulnerabili. Onestamente a me sembra solo il mero tentativo di preservare una narrativa morta e sepolta che però piace tanto al fan medio di Tex (e vedendo i commenti sotto la pagina Facebook ufficiale del personaggio, ci si accorge subito di che minus habens stiamo parlando).

Mi dispiace davvero tanto che la testata non possa prendere una direzione diversa (a meno che il 90% della sua utenza non muoia di vecchiaia) come invece stanno facendo tutte le meravigliose iniziative collaterali dedicate ad Aquila della notte. I Texoni e i volumi "alla francese" mostrano una qualità che ogni appassionato di fumetti (indipendentemente dai gusti) dovrebbe sostenere.

Faccio i migliori auguri per l'avvenire a Tex e ai suoi demiurghi, ai quali offrirò tutto il mio sostegno (nei limiti delle mie finanze, s'intende). Viva il fumetto italiano! Viva Sergio Bonelli Editore! Ma, soprattutto, VIVA TEX!

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